Di anomalie, indagini e mostri

È notizia recente che sono state riaperte le indagini sul Mostro di Firenze e che ci sono indagati, in particolare Giampiero Vigilanti, ex mercenario della Legione straniera, residente a Prato ma originario di Vicchio, dove nacque il 22 novembre del 1930. “La Repubblica” titola: “I delitti del mostro di Firenze e la strategia della tensione erano collegati”. In realtà il nome dell’indagato non è emerso in nessuna istruttoria riguardante l’eversione e la Procura ha seccamente smentito le voci che girano. Detto questo i delitti del Mostro di Firenze, nascondono una serie di anomalie incredibili, inspiegabili, lasciando dubbi sulle indagini e su possibili attività depistatorie. Vediamo un po’:
1) Quando avviene il duplice omicidio del 1974, fatto a Borgo San Lorenzo, nessuno si rende conto che la stessa arma ha già colpito, è stata già utilizzata in un delitto precedente, avvenuto a Lastra a Signa nel 1968. Soltanto nel 1982 un carabiniere si ricorda di quel vecchio delitto passionale, dove era finito condannato il marito della donna uccisa. Si troveranno i bossoli nel faldone di quel procedimento e si scopre che provengono sempre dalla stessa Beretta cal. 22. Si apre la pista sarda.
Rimane sorprendente il fatto che il perito balistico dei delitti 1968 e 1974, fosse sempre la stessa persona, il colonnello Zuntini, ma che non collegò i delitti 1968 e 1974. Il criminologo e consulente del SISDE Aurelio Mattei, sosterrà in un suo libro del 1993 l’ipotesi che i bossoli ritrovati nel faldone del delitto del 1968 siano stati inseriti successivamente come subdolo depistaggio.
2) Nei delitti del 1974 e del 1981 rimangono implicati dei guardoni, in qualche modo sospettati. Nel delitto del giugno 1981 viene arrestato Enzo Spalletti, un testimone che avrebbe visto qualcosa, se ne sarebbe vantato in giro e con la moglie. Di fronte agli inquirenti è reticente e finisce arrestato. Arrestare un presunto testimone oculare ha poco senso e risulta anche improduttivo. Da quel che riportano i giornali dell’epoca, mentre Spalletti è arrestato, al fratello arrivano queste telefonate di avvertimento: “Ditegli che stia zitto e tranquillo, che presto sarà scagionato, presto uscirà di carcere”. I guardoni della zona vengono minacciati, Spalletti in poco effettivamente esce, viene liberato dopo il quarto delitto che avviene in ottobre. Negli anni Spalletti si fa sfuggire qualche frase “anomala”, come questa che avrebbe rilasciato all’avvocato Filastò:
“Ma se dietro a tutto quest’affare ci fosse qualcheduno grosso eh? Oppure qualche poliziotto di quelli con le palle grosse… Non è ne la prima ne l’ultima volta. Nessuno ci pensa?”
3) Dopo il delitto dell’autunno 1981, esce uno speciale su “La Nazione” che riguarda i delitti del Mostro di Firenze. Fra le varie pagine sui crimini c’è un articolo su Pacciani e del delitto che fece a Tassinaia nel 1951, quando sfracellò la testa ad uno straccivendolo, forse per gelosia, forse per rubargli i soldi. Il nome del personaggio, poi reputato il Mostro di Firenze, poi finito sotto processo, viene collegato parecchio tempo prima ai delitti delle coppiette, ma non dagli inquirenti e quasi inavvertitamente. Stupisce che un soggetto facilmente sospettabile, un pregiudicato già autore di un delitto conosciutissimo (tanto da esser finito pure in una ballata), non sia stato considerato per anni. E sarebbe rimasto ignoto per sempre, probabilmente, non fosse stato per le lettere dei vicini di casa che indirizzano la polizia sulle sue tracce.
4) In parallelo ai delitti del Mostro di Firenze, negli anni ’80, avvengono degli omicidi di diverse donne, spesso prostitute che lavoravano in appartamenti del centro di Firenze. Alcune erano conosciute e frequentate dai “Compagni di merende”, come ad esempio Clelia Cuscito, ammazzata nel 1982 e di cui parla il teste Lorenzo Nesi: una prostituta “gentile” che aveva come cliente abitudinario Mario Vanni. Fra gli identikit usciti sui giornali, proprio nell’immediatezza di questo delitto, se ne trova uno molto somigliante al terzo Compagno di merende, Giancarlo Lotti. Però a Lotti e soci non è stato contestato nulla di questi crimini, non ci sono stati approfondimenti, come se si trattasse di fatti differenti, scollegati.
5) Negli anni ’80 si insegue l’ipotesi del serial killer unico, reputando assodato che il maniaco sia una specie di “Jack the Ripper”. Dalle indagini più recenti è risultato quindi che l’idea fosse totalmente sbagliata e fuorviante. Giuttari nei suoi libri riporta vecchie valutazioni criminologiche che spiegavano che gli autori potevano essere due o più. Perché non furono considerate? Questo abbaglio ha prodotto una serie di errori a ripetizione, arresti e scarcerazioni di sospettati a ruota. Tutto per un principio mai dimostrato.
6) Un soggetto che è finito sotto l’attenzione di Giuttari e delle ultime indagini, era già noto nel 1983. Si tratta del tedesco Rolf Reinecke, imprenditore tessile. Un delitto avvenne sotto casa sua, lo scoprì lui, non seppe cosa fare per l’intera giornata prima di decidersi a segnalarlo ai carabinieri. Gli inquirenti ebbero sospetti, Reinecke venne processato per detenzione di armi, ma lo lasciarono perdere, forse erroneamente, sui delitti seriali. Il suo nome è stato fatto dalla teste Ghiribelli come soggetto collegato ai “Compagni di merende” negli anni ’90, ma Reinecke era già morto. Il delitto del 1983 è molto strano, vi sono stati uccisi due turisti tedeschi, proprio a fianco di una villa del XVI secolo, e il delitto fa pensare ad un ricatto al Reinecke stesso. Per quanto riporta la stampa, Vigilanti lavorava nell’azienda tessile di Reinecke.
7) Negli anni ’80 i sospetti si sono accentrati su alcuni sardi, personaggi non specchiati, ma su cui non si trovarono prove. Uno di questi Salvatore Vinci, idraulico/elettricista/tuttofare, aveva fornito come alibi per il delitto dell’83, un intervento in casa di una prostituta, Luisa Meoni. Il 13 ottobre 1984 la donna viene trovata uccisa. L’omicidio fa sorgere sospetti sul già sospettato Vinci, ma col senno di poi potrebbe essere un depistaggio, una manovra per incastrarlo, ancora di più, agli occhi dei carabinieri. Il delitto della donna somiglia ad altri similari avvenuti in quel periodo.
8) Intorno al 1984 o 1985 (probabilmente), il SISDE si mette ad indagare sul Mostro di Firenze. È la prima volta che il Servizio segreto si interessa di crimini seriali e, ancor oggi, non se ne capisce il motivo. Non sappiamo cosa il SISDE avesse scoperto all’epoca, quali fossero le fonti, quali con esattezza le ipotesi. E soprattutto perché nessuno passò mai il materiale alla magistratura competente. L’autore dei dossier “fantasma”, Francesco Bruno, si è poi ambiguamente occupato della difesa di Pacciani nel processo di Appello.
9) Nel 1985 l’investigatore umbro Napoleoni indaga e pedina un medico di Foligno, Francesco Narducci, come implicato nei delitti del Mostro di Firenze. Nelle sue indagini si sposta a Firenze, probabilmente esegue, non si sa a che titolo, perquisizioni e pedinamenti. Poi Narducci muore, ufficialmente affogato nel Trasimeno, e Napoleoni abbandona imprevedibilmente la pista, non avvisando la Procura competente. Ad anni di distanza, quindi dopo le sentenze sui “Compagni di merende”, Giuttari e Mignini arrivano per altra strada alla pista Narducci: viene effettuata l’autopsia sul corpo e risulta che il medico ha effettivamente l’osso del collo rotto. L’ipotesi è che nel 1985 la famiglia abbia predisposto uno scambio del cadavere con la copertura anche di autorità locali. Nel 2004 Napoleoni viene intercettato al telefono e dice alla figlia:
“E poi sembra che ‘sto Narducci fosse colui il quale, questo lo dico io, teneva i macabri resti delle donne uccise eccetera… Poi a un certo momento sicuramente questo forse voleva uscire dal giro e l’hanno amma… Insomma, il mandante anche dell’omicidio di Narducci…”.
10) Quando Pacciani è sotto indagine, nel 1993, viene pubblicato da Aurelio Mattei, consulente del SISDE e collega di Bruno, un libro, che si chiama Coniglio il martedì, una ricostruzione fantasiosa dei delitti del Mostro di Firenze che però anticipa la pista di Giuttari e pare avere strane analogie con fatti e personaggi reali, primo fra tutti Narducci, ma anche il Legionario Vigilanti. Ne scrive l’avvocato di parte civile Adriani.
11) Si scopre ad un certo punto che Pacciani è pieno di soldi di provenienza sconosciuta. Non aveva un lavoro fisso negli anni ’80, gli introiti per lavoretti saltuari e la pensione da casalinga della moglie, sarebbero bastati a malapena per sopravvivere. Ma lui ha due case e un bel po’ di denari. Il 3 luglio 1996, il capo della squadra mobile, Michele Giuttari predispone il sequestro di 157.890.039 milioni in buoni postali fruttiferi, trovati presso la casa di accoglienza “Il Samaritano”. Il denaro è gestito da una certa Suor Elisabetta con cui Pacciani è entrato in confidenza in prigione.
12) Pietro Pacciani, nei suoi memoriali del 1993, parla di diversi soggetti su cui, secondo lui, si doveva indagare. Mette subito Giampiero Vigilanti, l’attuale indagato, chiedendo espressamente di fare tutte le indagini possibili, di sentire il Procuratore Izzo e il maggiore Torrisi, di cercare fra gli atti, perché la “verità è stata sepolta”. Non gli dà retta nessuno. La pista di Vigilanti era stata portata in aula addirittura dalla difesa di Pacciani, che chiamò a testimoniare nel 1994 il brig. Antonio Amore, colui che effettuò la perquisizione a casa di Vigilanti nel 1985.
13) Nel 1998 Pacciani muore di infarto la notte del 22 febbraio 1998 in modo anomalo. Secondo quel che rileva Giuttari, la casa aveva le finestre aperte e le luci spente; Pacciani era vestito e con le scarpe, i pantaloni sbottonati ed era stato trascinato nel pavimento. Parimenti la vicenda si porta dietro una scia di morti sospette, gente in qualche modo implicata nella vicenda e finita uccisa o scomparsa nel nulla: Francesco Vinci, Milva Malatesta e figlio, Renato Malatesta, Milvia Mattei, Domenico Agnello, Narducci, eccetera.
14) Nello stesso febbraio 1998, Vigilanti ristabilisce il rapporto con un suo zio d’America, tale Joe Vigilanti e nel settembre dello stesso anno, finisce sui giornali e in TV per aver ottenuto da lui un’eredità miliardaria. Lo “zio Joe” non sarebbe però mai esistito. I soldi, tanti, non si sa se esistano, se Vigilanti dovesse riceverli per un oscuro motivo o comunque cosa rappresenti la vicenda.
15) Giuttari, dopo aver indagato con successo sui “Compagni di merende”, si trova in mezzo ad ostacoli e difficoltà. Il poliziotto parla di nemici interni ed esterni (quindi anche fra la stampa), una sorta di “partito avverso”. Uno degli episodi che racconta è che nei suoi uffici fu trovata installata, non si sa da chi, una linea ISDN con la quale si poteva spiare le comunicazioni dai computer dei suoi uffici.
Il nuovo indagato, che avrebbe fatte delle chiamate in correità, potrebbe essere stato coperto per anni, il suo nome era vicino a numerosi soggetti indagati (in pratica i sardi, i Compagni di merende e qualcuno del “secondo livello”) e qualcuna delle vittime, che aveva già dichiarato di conoscere in intervista o che abitavano vicino casa sua.