La smaterializzazione dei libri

Se vi guardate attorno nella vostra camera, ancora ne vedrete, impolverati forse, ma integri.
Ma è forse nei vostri zaini, nelle vostre borse o sotto il letto come i mostri delle favole che nascondete quello che si va additando come la grande minaccia per la sopravvivenza dei libri: l’e-Reader.
Schiere di lettori allarmati si chiedono se l’oggetto-libro finirà presto ad abitare quella zona dell’anima chiamata nostalgia, in compagnia di cartoline, dischi, francobolli, fotografie e di tutti quegli oggetti che negli ultimi decenni sono andati letteralmente smaterializzandosi dotto la spinta del ricambio tecnologico, scalzati da sostituti a due dimensioni, immateriali ed eterei.
Il libro possiede, tra questi, un prestigio e uno statuto del tutto particolari, consolidati nelle nostre coscienze di lettori: pertanto è intorno alla sua sopravvivenza che il dibattito si è acceso in maniera più intensa. Basta fare un po’ di ricerca su internet per scoprire come nei virtuali salotti letterari si fronteggino bibliofili, difensori degli e-book, feticisti della pagina stampata e ideatori di nuovi modi di ri-utilizzo dei vecchi libri cartacei (a questa classificazione ha dedicato un articolo il New Yorker).
Cerchiamo di capire meglio i contorni di questo dibattito. Tutti noi sappiamo cos’è un e-book (in caso contrario: è un libro in formato digitale, fruibile perciò attraverso un computer o altri dispositivi, come smartphone, tablet o strumenti appositi, detti e-Reader), ma forse pochi sanno che nacque con il nobile obiettivo di “rompere le barriere dell’ignoranza e dell’analfabetismo”. Siamo nell’Illinois, anno 1971: Michael Hart fonda il Progetto Gutenberg, una biblioteca online (ancora esistente: http://www.gutenberg.org/) che raccoglie libri non coperti da copyright. Dal primo e-book della storia (se vi interessa saperlo, la Dichiarazione di indipendenza degli Stati Uniti) ad oggi, poche ma significative tappe hanno aperto prospettive completamente nuove: nel 1998 cominciano ad essere venduti i primi e-book; nel 2007 Amazon lancia il Kindle; nel 2010 Apple lancia il tablet; nel 2011, per la prima volta, in America le vendite degli e-book superano quelle dei libri cartacei. Pochi anni sono stati sufficienti all’esplosione di una vera e propria rivoluzione, editoriale e non solo.
Ma che cosa cambia un e-book? Innanzitutto lo statuto del libro, che da oggetto – culturale e commerciale – diviene servizio. E di conseguenza cambia lo statuto del lettore, che diventa un utente. Cambiano anche le posizioni di autori, editori, librai, di tutti coloro, cioè, che lavorano alla concezione, fabbricazione e diffusione dei libri presso i lettori. Cambiano, ovviamente, anche le modalità di lettura, dalla possibilità di intervento sul testo, a quella di maneggiare il supporto, dalla qualità della concentrazione a quella della ricezione.
Insomma, credo che il punto non sia se i libri sopravviveranno o meno agli e-book (“Il libro è come il cucchiaio, il martello, la ruota, le forbici. Una volta che li hai inventati, non puoi fare di meglio”, scrive Eco), bensì come cambieranno (o stanno cambiando) i lettori e l’atto di lettura con la distribuzione e la fruizione degli e-book. Ammesso che i libri continueranno a esistere finchè ci saranno dei lettori, che peso avrà avuto su questi ultimi la rivoluzione digitale?
Documentandomi su questo argomento, infatti, ho scoperto che nel momento in cui un utente utilizza il suo Kindle (l’e-reader più diffuso), a sua insaputa, tutti i dati relativi alla sua lettura (tempo impiegato per leggere una pagina, parole che vengono cercate con più frequenza sui dizionari, note a margine, eventuale abbandono della lettura) vengono trasmessi ai server di Amazon tramite un processo chiamato “Whispersync” (whisper sta per sussurro). I lettori diventano così un’audience, di cui si spiano gli orientamenti, per poter continuare a vendere prodotti che rispondano ai loro gusti. Per la prima volta gli editori sanno come i lettori si rapportano ai libri che acquistano. Di conseguenza, sanno cosa è meglio pubblicare, cosa chiedere agli scrittori e con quali recensioni accompagnare la pubblicizzazione dei libri. Gli e-book diventano quindi un investimento editoriale “più sicuro” rispetto alla stampa: più economici, più accessibili, più pubbicizzati, più apprezzati dal pubblico del quale si sono studiate le preferenze.
Ma che succede agli autori che non vanno incontro ai gusti del grande pubblico? E che futuro ha l’editoria se la distribuzione, inevitabilmente fondata su logiche di mercato, si ritrova ad avere un potere culturale tanto grande? Su quali basi, ad esempio, si fonda il terribile impero di Amazon? E se il libro tradizionale – analogico, per così dire – può essere liberamente utilizzato dal lettore nella maniera in cui preferisce, si può dire che l’e-book sia ancora un libro?
Con l’e-book cambia lo statuto del libro, quindi, cambia l’editoria, ma soprattutto, cambia l’atto di lettura, non più personale, privato, riservato, non più l’esperienza intima che ciascuno di noi ha conosciuto, sperimentato e amato, ma dato statistico a fini commerciali, almeno per editori e distributori. Questi cambiamenti, come tutti quelli in corso, sono difficili da valutare nella loro complessità e probabilmente solo tra diversi anni riusciremo a conoscerne le conseguenze culturali.
Nel frattempo, mi raccomando, leggete responsabilmente.
(foto: dal progetto 56 Broken Kindle Screens, di Silvio Lorusso e Sebastian Schmieg)