Pubblicità per (in)colti

Se c’è una differenza sostanziale tra due buoni prodotti l’elemento che più aiuta a distinguerli è la pubblicità. Non c’è Dio che aiuti manager o imprenditore se una produzione non ha una corretta rappresentazione. Oggi è tutto. Accendere la televisione, aprire Instagram, sfogliare un quotidiano sono le migliori azioni che un consumista può fare per ampliare la sua gamma di scelte: per me voglio solo il meglio, anche quando le finanze non lo permettono. L’esclusività di un prodotto è la strada che porta all’originalità della persona, e oggi chi non si distingue dalla massa ha difficoltà nell’accettazione altrui, ameno che non si stia pubblicizzando una merendina, lì cambia tutto.
Un giorno uscirono le mutande della Dolce e Gabbana, o forse erano Emporio Armani, con la scritta “Original” e fu così che tutti divennero originali. Il paradosso dell’originalità per cui sono tutti diversi indossando le stesse cose. Questo è uno dei concetti espressi da Walter Siti, emblema del postmodernismo italiano nonché grande conoscitore della società contemporanea. In tutto ciò coltivare l’originale vuol dire aumentare il proprio successo nella società, i cui messaggi sono oramai seguiti dai più e risulta difficile trovare una via d’uscita,o sempre per citare Siti, elaborare una Exit strategy. Il nostro periodo è diverso dagli anni 80, il decennio dello sfarzo e del “si stava bene in ogni modo”. Lì era bello essere uguali, lì c’era il piacere di cavalcare gusti comuni: si può dire che il senso della mono direzione aveva un altro valore. Una pubblicità come quella dei Jeans Jesus, oltre che accattivante per quanto scandalosa poteva essere per un pubblico over 50, richiamava proprio alla volontà di unirsi tutti in una grande massa di indossatori di jeans. Chi mi ama mi segua” recitava il loro slogan. I più li conosceranno per esser stati enfatizzati da Pasolini come la pubblicità che con la sua frase rese la “religione decaduta come forma di autorità e potere” nell’epoca consumistica. Oggi l’uomo vuole il meglio per sema che non sia solo più soddisfacente, ma anche diverso.
Per i genitori i figli sono tutti uguali: vestono gli stessi indumenti, guardano gli stessi programmi, ascoltano la stessa musica. In verità le subculture giovanili di oggi sono solo apparentemente coercizzate verso un’unica direzione, perché l’universo dei costumi contemporaneo gioca sul concetto del “differenziarsi è meglio”. In più c’è anche il concetto di ansia sociale, tutte le turbe giovanili di cui soffrono i ragazzini secondo gli stylist: dalla fobia per gli sbirri alla suspence per il futuro, dalla volontà di libertà al “fanculo tutti”. Poi arriva qualcuno che intuisce come in verità il tasto “cultura” non sia ancora stato premuto, quindi capisce che nell’oceano di superficialità che regna tra molti l’estetismo è l’elemento più fascinoso che possa attrarre chi ancora non è entrato nel loro mondo. In questo senso la trovata di Richardson, brand newyorkese, è stata alquanto brillante. Nonostante la cosa possa esser giudicata di cattivo gusto o quanto meno fuori luogo, per pubblicizzare il nuovo prodotto – un bomber nero nato dalla collaborazione con il sito Porn Hub il cui tag è in bella vista sul reto – hanno scelto di fotografare il proprio modello al Moma di New York. La foto infatti mostra il modello di spalle di fronte alla “Donna con pappagallo” di Gustave Courbet esposta appunto al Moma, ovviamente con a dosso il bomber. Per gli appassionati del genere e gli esperti l’operazione è assolutamente una genialata.
Richardson era già famoso per le sue pubblicità stravaganti e viziose, oltre che per le collaborazioni poco banali. Sulla stessa lunghezza d’onda anche Supreme, oramai celebre dopo l’exploit mainstream degli ultimi due anni, ha compiuto scelte simili. Sono oramai noti le fantasie e i soggetti artistici scelti dal marchio newyorkese i cui prodotti ufficiali sono cristallizzati come totalmente esclusivi. La cosa strana, o meglio, il dubbio che emerge è perché vengano utilizzate espressioni artistiche o citazioni letterarie per vendere a un pubblico che è poco informato sui primi e sui secondi. Peggio ancora, a cui al di là del senso estetico non interessi nulla di ciò. L’aura di misticismo che avvolge determinate sfere del mondo artistico però è captata come assolutamente interessante, che seppur difficile da comprendere è quanto meno figa. Non c’è bisogno per forza di farla capire l’arte se può essere utilizzata come catalizzatore di likes o meglio ancora di acquisti. A poco serve l’ekphrasis. Le persone rimangono affascinate nel vedere controcanti come quello di Richardson, mix di subcultura urbana e opera artistica. Tutto gira intorno all’esclusività dell’oggetto, sia anche solo un libro che non sia la più comune edizione Feltrinelli. Creare un marchio incentrato sull’esclusività così come una categoria di persone. Ovviamente il discorso non può essere aperto alla scena giovanile in generale, ci sono sempre coloro sia che si interessano come quelli che se ne infischiano, eppure il canale si sta aprendo anche a fasce più ampie. La ricerca di un consumo alternativo alza la qualità e il costo del prodotto, perché se si vuole essere come tutti gli altri non c’è motivo di pagare tanto. Basta già non essere alternativo.