The Leftovers: l’inizio della fine

Domenica scorsa è uscito il primo episodio della terza ed ultima stagione di The Leftovers. La migliore serie tv al momento in circolazione sta giungendo al termine del suo racconto. Questo viene detto senza tristezza o rimpianti, la storia sta procedendo verso la sua naturale fine senza aver subito accelerazioni o frenate durante il tragitto. Attenzione, per chi non avesse visto l’ultima puntata seguiranno spoilers.
Il primo episodio dell’ultima stagione è intitolato “The Book of Kevin” e già dal titolo non fa altro che alimentare quel parallelismo biblico che ha caratterizzato la serie fin dal suo inizio. La seconda stagione vide al suo inizio un breve racconto ambientato nel periodo delle caverne in cui una donna partoriva in condizioni molto avverse per poi essere costretta ad abbandonare prematuramente il suo bambino. La terza stagione si inaugura anch’essa con un breve racconto, il quale riporta la vita religiosa di una comunità del 1844. Le giornate dei fedeli sono scandite dall’inutile preparazione al giorno del giudizio, posticipato di volta in volta in base a quanto scritto in pezzi di carta portati da colombe. Questi brevi incipit di stagione sono dei trait d’union che aiutano a tenere le fila del racconto di base, non tanto con la rappresentazione di situazioni simili quanto con la riproposizione di quei sentimenti che hanno logorato i personaggi nelle varie puntate.
La puntata è ambientata tre anni dopo gli eventi narrati nell’ultimo episodio della seconda stagione. La città di Miracle è cambiata rispetto ad allora, non è più un posto esclusivo dove essere immuni dalla dipartita che ha sconvolto il mondo, ora l’accesso è consentito a tutti e tutti possono professare il loro credo circa la dipartita nel modo che meglio credono. In questa nuova versione della città i ruoli sociali ed i rapporti sentimentali dei protagonisti hanno subito dei cambiamenti. Kevin Garvey è il nuovo capo della polizia, suo figlio Tom è un agente e Matt Jamison è la guida spirituale della comunità religiosa. Nonostante tutti questi cambiamenti Matt ha le idee chiare: attraverso un riscontro numerico con quanto riportato nelle Sacre Scritture nel Deuteronomio, nella Genesi e da Ezechiele, profetizza che il prossimo 14 ottobre si verificherà una seconda dipartita da cui potersi salvare solo lì a Miracle. Non solo, da voce a quello che tutti noi, almeno in una occasione, abbiamo pensato riguardo a Kevin Garvey: ci sono serie possibilità che sia un Messia. E questo non soltanto per la barba, come dice scherzosamente Matt, soprattutto perché lo scettico Kevin ha difficoltà a morire e quando ci è riuscito è risorto dopo tre giorni. È da poco passata Pasqua e questo non può essere un dettaglio. Si ricorda infatti che nella seconda stagione, all’episodio 2×08 “Assassino internazionale”, Kevin, per cercare di risolvere il problema delle continue visioni di Patti, decide di seguire i consigli di Virgil e di suo nipote Michael facendosi avvelenare per poi seppellire. Ciò nonostante torna dal mondo dei morti dopo aver vissuto un’esperienza di Purgatorio in cui ha adempiuto al gravoso compito di uccidere Patti per potersi liberare da lei e da quella schizofrenia che lo accompagna fin dalla prima stagione e che ha contagiato, prima di lui, suo padre. Kevin sembra vivere due diversi approcci agli eventi che hanno caratterizzato la vita di tutti e soprattutto la sua. Infatti, se da una parte si mostra abbastanza diffidente verso una seconda dipartita e quello che ha vissuto lui stesso, dall’altra nel suo privato ci mostra tutt’altro. In una tranquilla domenica mattina Kevin apre l’armadio per prendere i vestiti – con un fare che ci ricorda subito la scena dell’armadio della puntata sopra citata in cui lo sportello del mobile riportava la scritta “decidi chi sei e vestiti di conseguenza” – dopo un breve momento di esitazione prende una scatola e procede, quasi in modo rituale, a preparare il suo suicidio. Non vediamo altro, poco dopo il nostro protagonista esce di casa ed è fresco e riposato. Nel proseguo della puntata, parlando con suo figlio, racconterà che una volta ha dovuto uccidere una donna e le sue guardie del corpo, citando ancora la puntata 2×08 della seconda stagione e quindi ammettendo a se stesso ed allo spettatore che quanto vissuto in quella occasione è vero e non frutto della sua immaginazione. La diffidenza di Kevin riemerge con tutta la sua rabbia quando scopre che Matt sta scrivendo una sorta di vangelo inerente la sua vita. Matt è estremamente convinto della santità di Kevin a causa della suo ruolo e di quello che è riuscito a fare. Tutto questo però non è ciò che più bizzarro la puntata ci offre: c’è tempo per il ritorno di Dean, personaggio della prima stagione, compagno di caccia canina di Kevin. Dean non ha mai avuto un buon rapporto con i cani, ma un conto è difendersi da un attacco di un branco di cani rabbiosi randagi altro è ritenere che questi riescano ad impossessarsi della volontà degli uomini e che stiano scalando i vertici del governo statunitense. Che la sua storia sia importante o meno ai fini della serie ancora non è chiaro, forse alla fine di tutto capiremo se i cani sono stati uno sviamento introdotto dall’autore oppure se anche questo tema è parte utile. Le ultime scene dell’episodio sono la perla finale di Lindelof, come se la sparizione del 2% della popolazione senza spiegazione scientifica, l’antagonismo bene male, il tema divino, le vite sospese, non siano abbastanza. Gli ultimi minuti ci mostrano una persona che, proprio come avviene nelle sequenze iniziali nella comunità del 1844, stacca dei piccoli pezzi di carta da delle colombe che poi porta ad una suora. Questa persona mostra il suo volto solo alla fine ed è senza dubbio Nora “invecchiata”, la quale alla domanda “Ti dice qualcosa il nome Kevin?” risponde di no. I casi quindi sono due: un semplice flash forward oppure siamo in presenza di un salto temporale? In entrambi i casi, grazie Damon Lindelof.
Perché The Leftovers è la migliore serie al momento in circolazione? Per la bravura dei personaggi, in particolare modo di Justin Theroux che riesce a mostrare il dolore e la volontà di combattere ciò che a momenti alterni reputa pazzia e subito dopo il più grande peso che le sue spalle abbiano mai portato, per la storia che riesce a distogliere l’attenzione dal dato fisico della sparizione del 2% della popolazione e riesce a focalizzare lo spettatore sul tema spirituale ed emotivo di ciascuno dei sopravvissuti (cosa che non riesce a The Walking Dead), grazie anche al pianoforte di Max Richter. Ma il primato di The Leftovers è dato soprattutto dalla sua struttura epica che la porta ad essere la Divina Commedia di Damon Lindelof. Infatti, proprio come l’opera di Dante, è divisa in tre cantiche: Inferno, Purgatorio e Paradiso. In particolare guardando al protagonista, più che un Messia salvatore dell’umanità Kevin Garvey ci sembra proprio Dante. Gli indizi non sono pochi: la prima stagione, dopo il breve racconto della dipartita, ci mostra Kevin, uomo di mezza età, che corre tra gli alberi, ricordandoci subito le parole del primo verso del poeta fiorentino. Inoltre, tutti quei cani rabbiosi che in più occasioni vediamo nella prima stagione ci portano a pensare a Cerbero, cane a tre teste che sta da guardia all’Ade. Per la seconda stagione è opportuno fare ancora un richiamo alla puntata 2×08 che si dimostra, al momento, la più significativa della serie. L’episodio racconta l’esperienza del Purgatorio di Kevin la cui guida è Virgil. Anche qui è evidente il richiamo al secondo cantico della Divina Commedia, infatti Dante fu accompagnato dal poeta Virgilio. Nel corso dell’episodio Virgil avverte Kevin di non bere l’acqua dell’albergo in cui si trovano, cosa che purtroppo egli stesso farà resettando così la sua memoria. Una proprietà simile è riportata anche da Dante nel Purgatorio in riferimento alle acque del fiume Lete, a sua volta citate anche nell’Eneide di Virgilio e grazie alle quali le anime, così purificate, possono ascendere al Paradiso. La terza ed ultima stagione, che già ci fa respirare aria di salvezza, altro non potrà essere che il termine del viaggio del protagonista con il racconto del Paradiso.