10 libri per giovani intellectual-chic

Occhialetti, moleskine in pelle umana, Clarks quando fa freddo, espadrillas per la bella stagione. I film di Godard, le mostre di Hopper, Ian Curtis nelle cuffiette e un bel vinile di The Rise and Fall of Ziggy Stardust and the Spiders from Mars magari originale e pagato un botto di quattrini appeso al muro. È una fatica fare gli intellettuali. Ore ed ore di preparazione, un’intera vita passata rincorrendo la conoscenza, un po’ per vocazione, un po’ per spararsi le pose; e ammettiamolo, si comincia con l’aria intellectual-chic soprattutto per tirar su le ragazzette al liceo o l’università. È questione di dettagli, ma alla fin fine il nucleo principale rimangono i libri. Cosa c’è di più intellettuale di una bella pila di libri? Noi di Inkorsivo allora vogliamo venirvi incontro e suggerirvi dieci libri per giovani intellettuali da portare sotto braccio mentre siete a passeggio, e magari anche da leggere.
Ulisse, di James Joyce (1922)
Iniziamo con il re dei libri intellectual-chic per eccellenza. Non potevamo non partire da lui, l’Ulisse, caposaldo della letteratura intergalattica. Una tranquilla giornata dublinese raccolta in un migliaio di pagine, tra digressioni, monologhi interiori e flussi di coscienza. Leopold Bloom come un novello Ulisse viaggia attraverso il mondo, entrando in contatto con esperienze le più diversificate, tutte racchiuse in una singola passeggiata. Un’opera enorme, difficile, di quelle dove «ce se capisce e nun ce se capisce», ma che vi permetterà di bullarvi con i vostri amici. In allegato una simpatica guida alla lettura di trecento pagine per i più deboli di cuore.
“Qual è l’età dell’anima umana? Come ella ha virtù di camaleonte nel modificare colore ad ogni nuovo avvicinamento, nell’esser felice con i beati e triste con i disperati, così è anche l’età, mutevole come il suo temperamento”.
Meno di zero, di Bret Easton Ellis (1989)
Troppo mainstream leggere American Psyco, facile produttore di fake che sfruttano la visione del film con Christian Bale per millantare cultura. Allora virate sul libro d’esordio, e pensate che probabilmente mentre voi state leggendo invece di studiare, alla vostra età, se non meno, Bret pubblicandolo diventava multimilionario. Sesso, droga, violenza, cattiveria e tutte le perversioni possibili appartenenti ad un gruppo di viziati figli di papà californiani. Robetta da poco insomma. Per il vero anticonformista che non ha niente da perdere.
“La canzone si intitolava ‘Los Angeles’ e le parole e le immagini erano così crude e amare che il testo mi sarebbe ritornato in mente per giorni. Le immagini, lo scoprii soltanto dopo, erano personali e nessuno che conoscessi le condivideva con me. Immagini così violente e malvagie che sembrarono essere il mio unico punto di riferimento anche molto tempo dopo. Dopo che me ne fui andato”.
Infinite Jest, di David Foster Wallace (1996)
Altro giro altro libro molto pratico da trasportare a mo’ di baguette sui Campi Elisi. Da quanto è vasto e denso si fa prima a dire cosa non è. Infinite Jest non è un libro di cucina. Anzi, è anche quello alla fin fine. Massimalismo è il termine, e mai fu più azzeccato in questo caso. Talmente pieno da portare al rincoglionimento e ad annoiarsi. Ed è proprio questo ciò che Wallace voleva, un esperimento diretto sulle dipendenze, l’alienazione, la noia. Serve aggiungere altro?
“Stavo riflettendo su quella specie di filantropo che sembra repellente sul piano umano non malgrado la sua carità, ma per via di essa: a un certo livello si capisce che lui vede coloro che ricevono la sua carità non come persone, ma piuttosto come strumenti attraverso i quali può sviluppare la sua virtù”.
Il castello, di Franz Kafka (1926)
Situazione kafkiana: è un neologismo della lingua italiana che indica una situazione paradossale, e in genere angosciante, che viene accettata come status quo, implicando l’impossibilità di qualunque reazione tanto sul piano pratico quanto su quello psicologico. Ringraziamo Wikipedia per l’inestimabile supporto conoscitivo. Ecco, avete presente le interminabili file alle Poste per poi scoprire che il modulo era sbagliato e bisognava andare ad un altro sportello? Kafka ne parlava ben prima della Postepay.
“«Non posso andar via», disse K., «sono venuto qui per restarci, e ci resterò». E con una contraddizione che non si diede la pena di spiegare, soggiunse quasi parlando a se stesso: «Che cosa avrebbe potuto attirarmi in questo paese così tetro se non il desiderio di rimanervi?»”
Scuola di nudo, di Walter Siti (1994)
Carneade. Chi era costui? La reazione dei più sarà magari questa. Allora c’è ancora molto da lavorare per diventare un vero intellectual. Siti è solo il più importante romanziere italiano a noi contemporaneo. Un simpatico tricheco con la passione per gli escort e i culturisti, nonché autore delle prime edizioni del Grande Fratello. Come ha dipinto lui la società italiana dei nostri tempi non l’ha fatto nessuno, tra ossessione per il corpo, dipendenza televisiva, Berlusconi e Barbara D’Urso.
“Il mistero della soddisfazione: come un’occlusione neuronica quando un desiderio viene appagato. Dove c’è la soddisfazione non può esserci la felicità. Forse è questo il segreto per resistere, diventare indifferenti a sé medesimi”.
S., di Gipi (2006)
Non di sole lettere vive l’intellettuale. Ogni tanto si regala il lusso delle figure, e si riempie la bocca di una parolina che fa molto figo: graphic novel. Che è poi una roba per non dire fumetto. Che fumetto fa tanto Spider-man e Topolino. Che l’uomo ragno e Mickey Mouse fanno tanto bambino. L’intellettuale non è notoriamente un bambino, ma le figure ogni tanto piacciono anche a lui. Allora legge le graphic novel. Che poi sono fumetti, e i fumetti son belli in generale. Figuriamoci poi quelli di Gipi, Gian Alfonso Pacinotti per i più seriosi.
Arcipelago Gulag, di Aleksandr Solženicyn (1973)
Due tomoni scritti da un russo con un nome impronunciabile. Scappato dall’URSS per denunciarne le atrocità. Libertà di parola, di stampa, di espressione, religione, cultura, vita. Libertà è quello che rappresenta. Eppure non se lo cagava nessuno. A sinistra figuriamoci, ma nemmeno a destra, e nemmeno al centro. Per capirsi, la Mondadori, che lo stampava per l’Italia, manco lo pubblicizzò, e anzi organizzò un vero e proprio complotto in stile sindrome Pavarotti/Sabani pubblicando nel frattempo anche un libro della Fallaci per oscurarlo. La Fallaci. Solo per questo l’intellettuale alla ricerca di riscatto dovrebbe fiondarsi a recuperarlo.
“Per fare del male l’uomo deve prima sentirlo come bene o come una legittima, assennata azione. La natura dell’uomo è, per fortuna, tale che egli sente il bisogno di cercare una giustificazione delle proprie azioni…”
I detective selvaggi, di Roberto Bolaño (1998)
Disastrati poeti messicani, viaggi on the road attraverso il Sud-America, improbabili personaggi, eventi rocamboleschi. Il tutto nelle solite ottocento pagine come minimo. Un libro su scrittori per aspiranti scrittori, sulla follia e la crudeltà della forza creatrice. Un eterno girovagare alla ricerca di non si sa bene cosa, in nome della letteratura. Oh, è anche pubblicato da Adelphi in Italia, la casa editrice per i veri intellettuali, quelli nudi e crudi.
“Si comportano da imprenditori o da gangster. E non rinnegano nulla o rinnegano solo quello che si può rinnegare e stanno bene attenti a non crearsi nemici o a sceglierli fra i più inermi. Non si suicidano per un’idea ma per follia e per rabbia”.
Il posto, di Annie Ernaux (1983)
Un racconto delicato, apparentemente banale, su un rapporto, quello tra una figlia e suo padre. Un racconto fatto da gesti quotidiani, basato sulla pura realtà autobiografica, senza fronzoli, ma nonostante tutto estremamente poetico. Il tutto in poco più di cento pagine, così per una volta il peso della cultura risulta veramente solo figurato.
“Scrivo lentamente. Sforzandomi di far emergere la trama significativa di una vita da un insieme di fatti e di scelte, ho l’impressione di perdere, strada facendo, lo specifico profilo della figura di mio padre”.
Alla ricerca del tempo perduto, di Marcel Proust (1927)
Integrale. No, non vale solo uno dei sette volumi. Nemmeno metà. Integrale. Cosa? Non avete tempo? Proust ve lo spiega lui cosa è il tempo. Non avete voglia? Vi annoiate? Non volete buttare via così la vostra vita? Beh, allora cambiate mestiere.
“L’abitudine! ordinatrice abile ma terribilmente lenta, che comincia con il lasciar soffrire il nostro spirito, per settimane, in una sistemazione provvisoria; ma che, nonostante tutto, esso è ben contento di incontrare, giacché senza l’abitudine, e ridotto ai suoi soli mezzi, sarebbe impotente a renderci abitabile una casa”.