L’insolito ordinario : Il killer degli scacchi

Ognuno ha i suoi segreti.
Ci sono quelli personali ,che rappresentano la nostra individualità e segnano i rapporti con noi stessi, e poi quelli che invece coinvolgono altre persone, alterando inevitabilmente i legami affettivi con esse.
E ogni segreto ha la sua importanza.
Ci sono quelli piccoli che decidiamo volutamente di tenere nascosti non tanto per la loro valenza ma per creare un filtro in noi stessi.
Poi ci sono quei tipi di segreti che non vogliamo confessare nemmeno al nostro gatto, li allontaniamo per pudore, cerchiamo di nasconderli in un angolino buio e finiranno spesso per rimanere senza interlocutore.
Ci sono anche i segreti rubati, quelli custoditi per anni ma poi raccontati inaspettatamente una sera d’estate in riva al mare a qualcuno particolarmente convincente , in netto contrasto con i segreti a metà, quelli che vengono fatti solo percepire, vengono fatti assaporare ma mai svelati totalmente , come delle avance lasciate incompiute.
E poi, ovviamente, ci sono anche i segreti fantasma : appartengono a quelli che si affezionano ai propri segreti e che ,anche davanti all’evidenza, continuano la loro arrampicata verso lo specchio più alto , guardandoti con uno sguardo di sfida e un’evidente bocca a bugia.
Ognuno ha i suoi segreti.
E un segreto, in quanto tale, crea inevitabilmente della distanza tra quello che siamo e quello che vogliamo apparire.
Un assassino sente forte in sé questa dualità, e probabilmente è proprio questa sensazione che porta un normale magazziniere di un supermercato a creare una fitta rete di bugie per nascondere la sua natura di serial killer.
Dopo aver passato la sua infanzia in un istituto di igiene mentale, nel 1992 Alexander Jur’evič Pičuškin ( Mosca , 9 aprile 1974 ) decise di condividere il suo desiderio più intimo con Michail Odijčuk , un compagno conosciuto a scuola : commettere un omicidio.
Un’amicizia unita da un segreto comune e da pomeriggi passati a studiare tutto nei minimi particolari, un’unione esauritasi con un taglio netto quando ,il giorno prestabilito, Michail , impaurito, non si presentò all’appuntamento ritirandosi dall’avventura.
Ormai deciso ed entusiasta dell’idea progettata , per Alexander la soluzione fu quella di portare coraggiosamente a termine da solo l’iniziativa : decise quindi di uccidere la sua prima vittima : Michail Odijčuk, ovviamente.
Non avrebbe di certo permesso che l’amico lo tradisse per la seconda volta.
“ Fu come il primo amore. Non si dimentica mai .”
Quella sensazione di libertà s’impadronì lentamente di Alexander che tornò ad uccidere dopo 10 anni di inattività.
Nel 1992 iniziarono una serie di omicidi che seguivano sempre il solito modus operandi : avvicinava nel parco di Biza ,a Bitcevskij, le persone più deboli, spesso donne sole o anziani, offriva loro della vodka o una spalla su cui piangere , aspettava il momento giusto , senza fretta, e poi li colpiva alla testa con un martello o con la bottiglia stessa.
Convinto di essere la reincarnazione di un sacerdote legato ad un culto pagano , Alexander era attento anche alla marca di vodka che comprava : Zolotoj Veles , una pregiata bevanda alcolica chiamata così in onore della divinità dei boschi Veles .
I corpi venivano sempre gettati nelle fognature , così da perderne definitivamente le tracce.
Dopo le prime 12 vittime, Alexander capì che non poteva più limitarsi ad uccidere senza motivo, per futile diletto, ma che doveva portare a termine un progetto più grande che aveva in mente : commettere 64 omicidi uccidendo una persona per ogni casella della scacchiera così da diventare il più grande scacchista del mondo , altro che Garri Kasparov !
Da quel momento in poi , ogni volta che commetteva un nuovo omicidio, tornava a casa e appoggiava il tappo della bottiglia utilizzata su una delle caselle della scacchiera rimasta vuota .
Divenne un vero e proprio obiettivo vitale di cui andare fiero , tanto che, quando nel febbraio del 2006 un transessuale venne arrestato con l’accusa di essere il serial killer del parco di Biza, Alexander, spinto da egocentrismo, decise di elaborare un piano per farsi catturare e confessare il suo geniale progetto omicida.
Scelse come ultima vittima una collega di lavoro Marina Moskaliova e la invitò a cena ,accertandosi prima che il figlio di lei sapesse della loro uscita.
Dopo una breve e poco romantica passeggiata nel parco la colpì con il solito martello, lasciando il corpo in evidenza.
Passate poche ore, il 16 giugno 2006 , non tardò ad arrivare alla polizia la denuncia di scomparsa , il conseguente ritrovamento del cadavere e l’arresto del sospettato.
Nella lunga confessione, che venne anche trasmessa in televisione, Aleksandr Pičuškin affermò davanti ad un investigatore di essere l’assassino del parco di Biza, il cosiddetto killer degli scacchi, rivelando il proprio modus operandi, il proprio movente, il luogo dove i corpi erano stati nascosti e il suo primo omicidio.
La polizia trovò nelle fognature 48 cadaveri, uccisi tutti allo stesso modo, ma Pičuškin pensando che “non sarebbe stato corretto dimenticare le altre undici persone” decise di confessare tutti i 62 omicidi commessi guadagnandoli così il titolo di secondo serial killer più prolifico della Russia.
Ogni cuore ha un segreto, bisognerebbe sempre diffidare di chi afferma il contrario.
La differenza sta nel quanto si è disposti a combattere, con se stessi e con gli altri, per mantenerlo tale.
L’immagine copertina dell’articolo è realizzata da Giulia Migliori