Una rivolta silenziosa: poche parole su “Il suono del mondo a memoria”

C’è spazio per il silenzio oggi? Siamo circondati da un telematico brusio di sottofondo, continuamente collegati, in una diretta streaming della nostra vita che non ci lascia mai da soli; tra social network, cellulari e foto-ricordo esistono innumerevoli metodi per comunicare, per accorciare drasticamente le distanze che ci separano. Pubblico e privato si sono irrimediabilmente appiattiti, il sipario è sempre aperto e gli spettatori sono lì in attesa del nostro nuovo numero, del piatto del giorno, della canzone della serata. In tutto questo lo spazio per il silenzio svanisce, non c’è più tempo per la meditazione, per la riflessione; non c’è nemmeno più l’intimità del dolore. In Il suono del mondo a memoria si parte da questi presupposti, e si va oltre: come può un uomo introverso ed estremamente sensibile vivere al centro del rumore del mondo? Spinto da questa urgenza narrativa Giacomo Bevilacqua ci presenta attraverso Sam, un normalissimo trentenne con ciuffo e un filo di barba, lo sguardo perso e malinconico, una sfida poco convenzionale e assolutamente contraria al movimento della società: estremizzare la propria timidezza, scegliendo di vivere due mesi senza aprire bocca, tagliando i rapporti umani, estraniandosi completamente dalla caotica realtà della sua città, New York.
La sfida diventa da subito anche autoriale, con una resa sorprendente. Così come il suo Sam, lo stesso Bevilacqua decide di ridurre al minimo i dialoghi, lasciando la narrazione a flussi di didascalie e alla potenza delle immagini. Allora dobbiamo imparare a fare attenzione per conoscere Sam, abbiamo bisogno di concentrarci su ogni particolare del volto, filtriamo la comprensione attraverso linee di pensiero che scorrono, tra descrizioni esterne e divagazioni in prima persona. Nell’epoca della superficialità dei tweet e delle foto instagrammate ci viene chiesto di stare in silenzio ed ascoltare, in questo caso leggere, tra le righe, di approfondire, di avvicinarci il più possibile all’oggetto della nostra contemplazione. Il risultato è colmo di delicatezza e sensibilità, in uno sviluppo intrigante, che si fa seguire e che ci immedesima totalmente nel muto protagonista.
New York è parte integrante dell’opera, non semplice sfondo ma contesto vivo, intrecciato alle vicende di Sam; e non sarebbe potuto essere altrimenti. Bevilacqua ama la grande mela e questo amore traspare dalla straordinaria descrizione fatta di disegni e parole. Cuore pulsante della società occidentale, racchiude in sé tutto il rumore, l’ossessione, la malattia tecnologica e comunicativa che contraddistingue il ventunesimo secolo; ma è anche il simbolo dell’integrazione, della solidarietà umana, della gioiosità della relazione. Proprio questo contrasto tra l’esplosività di New York e il silenzio di Sam crea il più grande effetto di straniamento, rafforzando ancora di più le azioni del protagonista, che tira avanti per la sua strada, chiuso nel suo mondo dal quale guarda verso l’esterno. Il suono del mondo a memoria è un muto grido di rivolta contro le degenerazioni del nostro tempo, un piccolo e ininfluente gesto di protesta, innocuo in confronto all’immensità della sovrastruttura che ci sommerge con il suo turbinio di voci. Eppure ci prova, dà un piccolo colpetto, affronta il mostro; e forse ci riesce.