L’insolito Ordinario : Ty Cobb e il karma

Ognuno ha i suoi problemi.
Tutti hanno qualcosa che li tormenta, questo è abbastanza assoldato e indiscutibile.
Solitamente le persone tendono a catalogare come problema ciò che non si conosce, allontanandolo come qualcosa che non si riesce a fare.
La differenza sta nel come si decide di affrontarli.
Ci sono quelli che riescono a farsi scivolare addosso i problemi, gli Eraclito della situazione, continuando imperterriti la propria vita, in netto contrasto con la categoria di quelli che urlano in piazza le proprie difficoltà in cerca di consensi e spalle amiche.
Ci sono quelli che vivono seriamente il problema, di qualsiasi tipo esso sia : analizzano la situazione da ogni punto di vista solitamente seguendo una dieta a base di unghie ed ansia.
Nella migliore delle ipotesi vivono una vita ansiosa e portano una 40, nella peggiore hanno un crollo nervoso.
E poi ci sono poi quelli che i problemi proprio non li percepiscono, li aggirano, cambiano prospettiva , si mettono due belle fette tagliate alte di prosciutto crudo Dop davanti agli occhi e vivono spensierati fischiettando. Questi sono i Ponzio Pilato della situazione e fanno parte di quella categoria di persone ,sempre in aumento, che non sono disposte a complicarsi la vita.
Ci sono loro, i preferiti di tutti, quelli che vivono cercando di risolvere i problemi di tutti. Chiamiamoli altruisti, chiamiamoli scemi, chiamiamoli “ho un sacco di tempo libero”.
E molto spesso solo gli stessi che nascondono i propri problemi sotto il tappeto.
E infine la categoria degli antagonisti , quelli che i problemi li creano, quelli che provano un certo gusto nel provocare negli altri un senso di inadeguatezza.
Sono la categoria con a capo Ty Cobb ( Tyrus Raymond Cobb ), il violento giocatore di baseball famoso per aver indossato le maglie dei Detroit Tigers e dei Philadelphia Athletics.
Anche se conosciuto da molti, quanti lo ricorderanno come colui capace di procurare ferite gravi a 12 giocatori in una sola stagione ?
Era solito “affilare con una raspa i tacchetti delle scarpe prima delle partite, per guastare i disegni altrui ed atterrare deliberatamente non sulle basi ma sulle gambe dei basisti con volteggi assassini, per puro spirito di ira, ostilità e vendetta” , lo ricorderemo forse come lo sportivo dalle idee geniali ?
No, molti lo ricordano a livello mondiale come uno tra i giocatori più importanti della storia del baseball per i record personali ottenuti, ma in pochi ,dopo la sua morte, lo ricordano tutt’oggi come lo sportivo più odiato di tutti i tempi.
Dispotico e violento, cercava ogni pretesto per creare problemi e arrecare danni .
Trasferitosi a Detroit agli inizi della sua carriera, nel 1908, fu capace di picchiare con un bastone di fortuna un operaio colpevole di volergli impedire di continuare a saltare nell’asfalto appena versato , o ancora, fu capace di soffocare il suo giardiniere perché aveva osato salutarlo con troppa cordialità.
Perché non picchiare il proprietario di un albergo per aver scelto un concierge nero ?
E perché non accoltellare l’arbitro con cui aveva avuto una piccola discussione durante una partita ? Se non fosse che quella notte il fortunato non si trovava in casa e la triste punizione fu riversata sul portinaio di turno.
Divorziato da tre mogli per violenza domestica, era conosciuto a Princeton per le innumerevoli visite ai figli. Per picchiarli e frustarli per gli eventuali se non futuri insuccessi scolastici.
Tra il 1921 e il 1926 svolse il doppio ruolo di giocatore/manager dei Detroit Tigers ; nonostante i successi sportivi continuava la sua dipendenza da alcool e dallo stile di gioco insolente, intervallati da letture delle biografie di Napoleone e Thomas Jefferson.
Si narra che durante il Labor Day , una festività americana festeggiata ogni primo lunedì di settembre, fosse solito raccogliere i cappelli lanciati nel campo dagli spettatori per poterli poi farli indossare ai muli della sua fattoria in Georgia.
Una vita piena di collera e povera di sensibilità che non ebbe risvolti fino alla fine della sua vita tanto che, ricoverato all’Emory Hospital nel giugno 1961 , pronto a passar a miglior vita, tutto ciò che stringeva a sé era una colt calibro 45 .
E , visto che il destino non è mai beffardo, stringeva a sé anche una busta con un milione di dollari in contanti perché il nostro caro Ty in tarda età ci aveva visto lungo e aveva deciso di investire tutti i suoi profitti finanziando il prodotto di un farmacista di Atlanta, l’allora sconosciuta Coca Cola.
Grazie karma.
Oh boy … it’s keen !
L’immagine copertina dell’articolo è realizzata da Giulia Migliori