Sì, scappare (almeno con i libri)

Da qualche anno a questa parte la fuga da una società opprimente e la ricerca di felicità altrove sembra essere una scelta piuttosto comune, qualche volta criticata e molto spesso apprezzata. Per questo motivo appare del tutto usuale sfogliare un giornale e leggere la storia di chi ha deciso di abbandonare il paese di origine per andare a vivere altrove, condividendo con migliaia di utenti sui social network la liberazione da una schiavitù fatta di orari fissi di lavoro, ritmi stressanti e una qualità della vita quasi insopportabile. Quello che spesso non sappiamo, tuttavia, quando ci imbattiamo in racconti di questo tipo, è che questo tipo di scelta che sembra tipica del ventunesimo secolo, è in verità sempre esistita e alcuni esempi letterari ce ne danno una chiara dimostrazione.
1) Nelle terre estreme – Jon Krakauer
Pubblicato nel 1996, il libro di Jon Krakauer, tratto da una storia vera, narra il pericoloso e travagliato viaggio di Christopher McCandless, ventiduenne statunitense di famiglia borghese, attraverso gli Stati Uniti. L’opera di Krakauer è ricostruita da numerosi scritti dello stesso Mccandless contenuti in un diario di viaggio e dai racconti di persone che hanno incontrato il ragazzo durante il suo cammino. Il cammino si conclude con l’arrivo nelle terre sconfinate dell’Alaska, luogo tanto desiderato quanto ostile all’uomo, che per Christopher rappresentava l’apoteosi della libertà tanto sognata. La decisione di sfidare la natura e di vivere senza tecnologia e senza dimora fissa è alimentata dall’inquietudine del protagonista che ricerca l’autenticità di una vita vissuta pienamente.
2) Controcorrente – Joris-Karl Huysmans
Nel romanzo francese di fine ottocento la fuga di Des Esseintes sembra essere quasi esclusivamente spirituale in quanto il viaggio intrapreso è un viaggio all’interno della mente del protagonista. Considerato il manifesto del decadentismo, racconta l’abbandono della vita parigina da parte di un giovane rimasto orfano dei genitori. Dopo aver ereditato i beni paterni, Des Esseintes acquista una villa poco fuori Parigi e lì, evitando per quanto possibile qualsiasi contatto con la società, si dedica a scegliere con una cura quasi maniacale l’arredamento della casa, segnato da una ricercatezza che rasenta la follia. Il desiderio di abbandonare la mondanità della Parigi del tempo è causato da una insoddisfazione del protagonista davanti alla stupidità del genere umano e alla sterilità delle esperienze che lo lasciano sempre in parte inappagato.
3) Il fu Mattia Pascal – Luigi Pirandello
L’opera, primo grande successo dello scrittore siciliano, risale al 1903 e segue un racconto in prima persona da parte di Mattia Pascal delle vicende che lo hanno portato al desiderio di abbandonare la propria identità e al tentativo di costruirsene una nuova, sentendosi imprigionato in una vita noiosa e insoddisfacente. Il romanzo contiene gli elementi tipici della crisi esistenziale dell’uomo nel Novecento contemporaneo e riesce a celare un significato estremamente profondo attraverso l’ironia tipicamente pirandelliana e una trama particolarmente incalzante.
4) Walden ovvero la vita nei boschi – Henry David Thoreau
Segnato da un percorso editoriale complicato che si conclude con la pubblicazione nel 1854, il libro di Thoreau è il resoconto autobiografico dei due anni trascorsi dall’autore alla ricerca di un contatto intimo con la natura. La stesura del libro è avvenuta in parte sulle sponde del lago Walden, nelle vicinanze del comune di Concord, nel Massachussets. L’interesse principale dell’autore è quello di seguire il ritmo della natura e di descrivere, attraverso un diario giornaliero, una vita fatta di “piccole cose” e della semplicità dei paesaggi naturali, da contrapporre ai costumi degli Stati Uniti dell’epoca. Il resoconto di Thoreau ha riscosso un grande successo nella controcultura statunitense, e in particolare
si ritiene abbia avuto un ruolo determinante per la nascita di movimenti successivi che si schierano contro i valori tradizionali del tempo, quali la Beat Generation.
5) Wild – Cheryl Strayed
L’opera più importante dell’autrice statunitense e tradotta in trenta lingue, è una storia vera, l’autobiografia di Cheryl Strayed, pubblicata nel 2012: in seguito a un passato turbolento, alla morte prematura della madre, alla separazione dal marito e a un crollo psicologico, l’autrice decide di intraprendere un cammino fisico e spirituale nel Pacific Crest Trail, il sentiero che attraversa gli Stati Uniti dalla California al Canada. Percorrendo oltre quattromila chilometri a piedi da sola, la ventiseienne Cheryl riflette sui dolori che l’hanno intrappolata negli anni precedenti e tenta di superarli attraverso un percorso di scoperta di sè, e di condividerli con il lettore tramite numerosi flashback sulla sua vita precedente al viaggio. Ciò che stupisce più di ogni altra cosa, alla luce di ciò, è il fatto che tali opere siano state pubblicate a più di un secolo di distanza l’una dall’altra. Apparentemente così differenti, sono tuttavia sintomo dello stesso tormento interiore. Infatti ciò che unisce tutti i personaggi è che ognuno di loro trova la propria società e la propria epoca caratterizzate da una superficialità quasi disarmante che porta inevitabilmente all’insoddisfazione, e tutti nutrono il desiderio di superare questa condizione ricercando la propria realizzazione altrove, un “altrove” fisico o immaginario.
articolo di Virginia Silvestri.