Ask the White, somma e sottrazione

Sum and Subtraction è la prima fatica di Ask the White, un duo che parte dall’essenziale, chitarra acustica e voce per costruirvi sopra ramificazioni sintetiche e arrangiamenti elettronici, unendo nelle sue personalità musica, poesia e arte visuale. Il connubio tra Simone Lanari (Sycamore Age, Ant Lion, Walden Watz) e Isobel Blank (Ant Lion, Isobi, Vestfalia) riesce a costruire un’opera fatta di angolature, spigoli da cui non è possibile vedere ciò che si avvicina, e che consente di immaginare quello che arriverà rimanendone ogni volta sorpresi. Dal folk distopico alla sperimentazione su organi sintetici si attraversano lande in cui la parola si rarefà e si condensa come vapore sferzando con venti caldi e piogge ghiacciate.
Prodotto dalla neonata Ammiratore Omonimo Records e distribuita in collaborazione con la giapponese Athor Harmonics sviluppa un discorso estremamente personale in cui le due personalità si fondono assieme senza riuscire a individuare dove inizino i margini dell’uno e finiscano quelli dell’altra, una ricchezza di intuizioni riccamente sviluppate in cui si esprimono assieme lasciti elettronici, folk e rock.
“You, cloud” sospesa si sposta come la spumosa massa di una nuvola, getta ombra sulle città sottostanti col suo dissolversi e riformarsi, si unisce in un coro nel chiedersi la propria natura sempre mutevole e uguale, una domanda a cui la parola non può rispondere ma riluce nei segni dispersi del paradosso poetico. Come un temporale si sente arrivare da lontano, poi fiorisce sopra il capo tuonando fulmini.
“Neither a moon” è il canto per una notte senza luna giunta dopo una giornata morta troppo presto, i cristallini arpeggi di chitarra sono l’ossatura nuda che sostiene l’assenza di difese su cui il pezzo si costruisce in un incedere che si fa più ampio gonfiandosi nel ritorno di un’ossessione, nessuna illusione a cui aggrapparsi.
“Just take me to” parte con strade svuotate d’inverno, una scura chitarra folk che ruota attorno a se stessa contrappuntata da un’altra in uno strano valzer felino e zoppo, le percussioni fanno il loro ingresso per eccitare uno sciame di domande senza risposta e pretese disattese.
Con “A millionaire” tree l’oscurità si infittisce, il tempo si fa grigio, lungo le dodici corde di una chitarra si svolge la storia d’amore di qualcuno che può essere raggiunto solo con la voce, da una sponda all’altra di un oceano sconfinato.
“The battle of the happy claustorms on two strings” abbandona qualunque regione di senso logico e compiuto per camminare a passi pesanti su terre rarefatte dove le parole giocano giochi proibiti tra ricordi infantili e proiezioni. La materia si scambia di posto col senso e l’immagine con i sapori, la musica segue i rocamboleschi salti a cavallina delle parole.
“Remember the future” è un promemoria inutile per chi cerca di vivere nel presente lasciando da parte le vuote architetture dei progetti futuri, strutture che le planate vocali cercano di vanificare incitate dai secchi arpeggi di chitarra.
“I’m not a place” si presenta su chitarra sola, sembra bastare alla voce per avere il fuoco necessario a scaricare fiele sugli inganni e i fraintendimenti, il ritornello si arricchisce di un’altra voce che ingrandisce lo spettro dello sguardo, si dispiegano oceani, poi basta una percussione per cambiare le carte in tavola, come al trotto su un sentiero alpestre inizia e si perde in lontananza ciò che sembra l’inizio di un racconto epico.
Sembra proseguire sulla stessa strada “Fall”, un canto a due in cui sono il fallimento, la mancanza di attinenza con la realtà, in una parola la caduta ad essere il punto di contatto tra due anime sensibili. L’ingresso di un flauto traverso lascia intravedere il fogliame di una foresta tolkeniana ma già qualcosa di artificiale, di sintetico scava.
È da questo che sorge un canto, il mare del tempo porta dal passato indecifrabile il frutto del futuro, la conoscenza. Il viaggio si conclude con un nuovo inizio, “Known” raggiunge una vetta cristallina in cui la voce sola si fa creatrice di mondi, ogni sillaba ampliata a dismisura da dispositivi che ne ricolmano lo spettro crea onde che si perdono avanti verso vette nuove di sperimentazione ancora da esplorare.