L’arte degli anni ’90 in due sguardi critici

Comprendere l’orientamento artistico di questi anni in cui tecnologia e condivisione di informazioni sono in una irrefrenabile corsa spinta dalle esigenze del mercato è addentrarsi in un labirinto esteso quanto il neonato spazio virtuale. I critici contemporanei Peter Wollen e Achille Bonito Oliva sono due guide molto versatili per provare a comprendere alcuni aspetti della produzione artistica di questo decennio. Raiding the Icebox e L’Arte fino al 2000 sono specchi che si riflettono tra le due sponde dell’Atlantico, utili per individuare le vicinanze tra arte e società e le loro separazioni tra Europa e Stati Uniti, le potenze occidentali che si misurano vicendevolmente dopo la Guerra Fredda mentre il divario tra Nord e Sud del mondo, inteso come separazione tra ricchezza e povertà, si afferma come ultimo, unico e reale rapporto di conflittualità esistente.
Secondo l’analisi del critico e regista statunitense Peter Wollen il più grande maestro di pensiero per il ventunesimo secolo è stato un industriale, l’americano insignito dell’Ordine dell’Aquila Tedesca Henry Ford, che con la sua teorizzazione e messa in pratica della catena di montaggio unita all’estetizzazione dei prodotti commerciali come le autovetture ha reso il marketing il vero timone della produzione tecnica.
Il fordismo si realizza in ogni forma artistica, dal primitivismo meccanizzato del jazz alla musica d’avanguardia di Cage che assimila al suo interno il rumore della città e i tempi e le ripetizioni della vita giornaliera dando inizio al nuovo credo statunitense per cui tutta la vita è materiale: accumulo di fatti e circostanze da collezionare nelle forme dell’arte soltanto come sintomi generali della vita. L’arte in questo stampo si è ormai riconosciuta industria assimilando al proprio interno il mondo circostante, e si è accomodata nel regno della spiritualità in un mondo dove è il mercato a dettare le condizioni e l’opposizione a una politica priva di ideali non ha più alcun senso.
Sullo stesso piano si svolgono le analisi di A. B. Oliva che registra come, mentre l’arte europea non può evitare il bisogno di tornare alla propria storia culturale, la cultura americana riesca a lavorare
“sul prolungamento del proprio presente e dunque su una nozione di sperimentazione in cui la tecnologia diventa tecnica del pensiero – mentre – il mercato americano, col suo dispositivo economico aggressivo, invade con la propria merce artistica tutto il mondo. Pertanto il prodotto medio, per la sua forza di penetrazione, acquista per questo, anzi soltanto per questo, una maggiore qualità rispetto al prodotto medio dell’arte europea.”
Il mercato detta le regole di gusto e l’idea di avanguardia diventa obsoleta, mentre il soggetto diviene preda degli oggetti, costantemente stimolato dalla pubblicità e dall’inespressività dei nuovi modelli che trasmettono unicamente l’interesse per il pubblico e il produttivo. La volontà, e la possibilità, di modificare lo status quo si esauriscono nel momento in cui l’artista stesso si appropria delle tecniche di produzione e riproduzione industriali, riflesso di una struttura economica che l’opera d’arte non intende mettere in discussione perché completamente immersa nella realtà media tanto quanto il suo creatore. Così si esprime anche il rapporto artistico con la natura dove la Land-art statunitense si appropria del paesaggio come di un ambiente prestato alla modificazione, alla riduzione e all’appropriazione nel suo pragmatismo ottimistico.
Cambia il modo di rapportarsi con il fruitore, adesso sempre più al centro dell’elaborazione estetica: l’artista attuale non può più affidarsi allo stupore e alla perfezione tecnica ma dovrà rivestire la sua opera di un portato di significati che lo rendano un feticcio culturale, rappresentando un investimento psicologico da parte dello spettatore in conformità con la propria identità personale. Sul solco di questa crisi si condensano le direttive confuse di un Occidente che non considera più se stesso come una totalità e non riesce a confermare o produrre categorie e rappresentazioni definite per sé nel continuo e immane sforzo di comprensione di tutto ciò che è l’Altro.