Tiber! Tiber! Tiber! il meglio del sound valtiberino

Il triplice richiamo col nome latino del Tevere ha funzionato. Sabato 21 ottobre 2017, al Karemaski Multi Art Lab di Arezzo, si è alternato sul palco il meglio del sound valtiberino. Tiber! Tiber! Tiber! è stato un evento organizzato in collaborazione con MEAREVOLUTIO(NAE) ed Effetto k, allo scopo di dare spazio ad alcune importanti band della zona. La serata è iniziata un po’ più tardi del previsto, forse per andare incontro alla “tutta italiana” abitudine degli uditori. Ma l’attesa è stata abbondantemente ripagata.
Prima di parlare delle band, ho osservato con curiosità l’affluenza, che in larga misura è stata extra-aretina. Forse prevedibile, forse no: a parte i collaboratori del Karemaski, pochissimi aretini hanno partecipato alla serata. Il perché ormai si sa, la curiosità è cosa d’altri tempi. Tuttavia, le tre band Snow in Damascus, Völdo e Yes We Have hanno dimostrato di avere un seguito piuttosto nutrito; a ciò si aggiunga anche l’impegno degli organizzatori, che insieme sono riusciti a far funzionare la serata. Chi non ha partecipato, si è perso qualcosa.
Riuscire a muovere il pubblico di casa non è mai un’impresa facile, ma quando riesce ha il suo perché. Oltre l’organizzazione, il coefficiente principale di riuscita è stato l’alto livello delle band. Partiamo subito con le delicate stanze sonore degli Snow in Damascus. Apre la serata una modernissima commistione tra ambient e un ricercato gusto folk che genera un sound avvolgente e variegato. Gli arrangiamenti sono curati da una maturità che favorisce l’amalgama sonora, pur con dei contrasti che tuttavia escludono una pericolosa piattezza. Le voci hanno un ruolo fondamentale: oltre che a fondersi come parte integrante della sezione strumentale, regolano l’istinto e la dinamica della band. L’abbondante uso di elettronica suggerisce un eco lontano di Radiohead e affini, ma qui è di certo adottato con consapevolezza.
Dalle atmosfere calde degli Snow in Damascus si passa a quelle rocciose e travolgenti dei Völdo. La successione risulta ottimale: se gli uni, infatti, hanno aperto la strada, gli altri l’hanno spianata. Dalle prime note di attacco, ci troviamo davanti a un live più intenso, a tratti davvero stupefacente. La continuità tra le due band, da un punto di vista di live, è da ritrovare nel medesimo uso di elettronica: anche qui la funzione è importantissima e altrettanto centrale. Il sound richiama i migliori Melvins e una fetta considerevole di stoner, ma c’è di più. La band cerca di dare un taglio originale, studia su incastri ed esperimenti sonori. Inoltre, dall’inizio alla fine il live non ha calato di un decibel. Anche qui, il livello degli arrangiamenti è molto alto, studiato e messo a punto nei minimi dettagli. Si sente che c’è molto lavoro dietro.
Per questo motivo, infatti, li abbiamo incontrati nel backstage e ci hanno rilasciato questa breve intervista:
Accompagnano la chiusura di Tiber! Tiber! Tiber! gli Yes We Have, con un set più minimale. L’idea non è male: il loro set gli permette di sicuro di suonare in più situazioni. Chiaramente è un progetto molto diverso dai primi due, se vogliamo anche meno pretenzioso. Ho faticato un po’ a inquadrarli, anche da un punto di vista di genere. È qualcosa di più di un dj-set ma di meno di una band. È come se ci fosse un’idea di fondo, ma che fatichi a essere valorizzata. La chitarra accompagna delle basi, ma non so se si possa parlare di veri e propri arrangiamenti. In sostanza credo sia stata la band un po’ meno interessante della serata, ma comunque apprezzabile.
In definitiva, come ho detto in apertura di articolo, l’evento è andato molto bene. Questa realtà di band è da tenere sott’occhio, ma non solo: specialmente da parte dei musicisti ci dovrebbe essere sostegno. In fondo basta poco, basta andare ai live. Se poi non volete comprare i dischi, pazienza. Ma almeno la curiosità ci dovrebbe essere. Per chi si fosse perso l’evento, vi lasciamo un breve estratto della serata.